Escursione guidata sulla vetta del Monte Velino [FOTO E RESOCONTO]

29 luglio duemiladiciotto

 

Escursione guidata sul monte Velino, il Signore del lago

 

Un paese di pianura per quanto sia bello, non lo fu mai ai miei occhi. Ho bisogno di torrenti, di rocce, di pini selvatici, di boschi neri, di montagne, di cammini dirupati ardui da salire e da discendere. (Jean-Jacques Rosseau)

 

È l’alba di una domenica di fine luglio. Dalla chiesa S. Maria in Valle Porclaneta, un piccolo gioiello romanico dell’XI secolo, ci incamminiamo verso la vetta del monte Velino (m. 2487). Un tempo questa maestosa montagna dominava il lago Fucino, prosciugato completamente nel 1878: e proprio a questo essere “signore del lago” rimanda l’etimologia del suo nome, probabilmente dall’etrusco Vel, “signore”, “dominatore” e l’accadico inu, “fiume”, “lago”.  Mentre il versante è ancora in ombra, inizia la nostra lenta ascesa attraverso il vallone di Sevice: il ritmo lento dei nostri passi scandisce la salita, ognuno di noi inizia pian piano a lasciare da parte le proprie preoccupazioni quotidiane e a immergersi nella natura: piante di ginepro profumato, di iperico, di genziana, orchidee e altri fiori colorati allietano il nostro cammino. Dopo un paio d’ore giungiamo alla fonte Sevice, e, poco prima di arrivare all’omonimo rifugio (m. 2119), una gradita presenza si aggiunge al nostro gruppo: il “vento delle vette”, fresco e leggero, che ci accompagnerà per quasi tutta la giornata impedendoci di soffrire il caldo. Il rifugio Capanna di Sevice sorge all’estremità di una grande e silenziosa sella concava. Dopo un caffè ristoratore proseguiamo seguendo la cresta che delimita la sella, e da qui il panorama stordisce per la sua magnificenza: sotto di noi la valle di Teve ci separa dal massiccio della Duchessa, con i monti Morrone e Murolungo; più a est enormi circhi glaciali precipitano quasi verticali in un impressionante dirupare di sassi; sopra le nostre teste un grifone, libero e fiero, plana sfruttando le correnti ascensionali. La grandiosità di quello che ci circonda lenisce la fatica, che pure, dopo qualche ora di salita costante, comincia a farsi sentire. Mancano ora solo gli ultimi duecento metri, i più scoscesi; ma alla fine siamo tutti lì, sulla vetta, soddisfatti e felici. Il nostro sguardo spazia ora a 360 gradi: accanto a noi il monte Cafornia; in lontananza il Gran Sasso, i monti Sibillini, il monte Terminillo e il lago del Salto; sotto di noi la piana del Fucino e i piani Palentini, dove, nel 1268, il giovane Corradino di Svevia fu sconfitto da Carlo d’Angiò nella battaglia di Tagliacozzo, ricordata da Dante (Inferno, XXVIII, 17-18). Il Velino vi ha assistito imponente e silenzioso, così come ha assistito a più di due millenni di storia dell’umanità: pensiamo a tutto quello che potrebbe raccontarci, se potesse parlare. E in effetti, in qualche modo, la montagna e la natura ci parlano, facendoci sentire parte di un grande tutto che respira all’unisono.

Inizia quindi il ritorno, intervallato dall’ascesa sulla cima gemella, il monte Sevice (m. 2355), e un’altra sosta presso il rifugio, dove all’ombra di un tavolo riposano i simpatici cani pastori Mandorla, Olivia e Rocky. La discesa è lunga e a volte sembra non voler finire, ma ogni passo porta con noi una felicità e una soddisfazione che ci uniscono, e che resteranno con noi anche domani, e nei giorni successivi, fino al prossimo cammino.